Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione: No alla risarcibilità del danno tanatologico

Per la valutazione del danno non patrimoniale riferimento alle Tabelle
14 Maggio 2019
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La sentenza n. 15350 del 22 luglio 2015, Rel. Salmé, delle SS.UU. della Corte di Cassazione riporta sui binari “morti” della non risarcibilità il danno tanatologico, ovvero la risarcibilità iure hereditatis del danno da perdita della vita immediatamente conseguente alle lesioni derivanti da un fatto illecito. Detta sentenza va a risolvere il contrasto sorto in giurisprudenza (in particolare in seguito alla sentenza della Cass. 1361/2014 (ed il precedente costante orientamento), la quale aveva finalmente riconosciuto ammissibile il risarcimento del danno in capo alla vittima ergo la legittimazione degli eredi a richiederlo iure hereditatis.
Ebbene, con la suddetta sentenza, le SS.UU., tra le altre cose, affermano l’impossibilità di ricollegare la perdita di un bene ad un soggetto che logicamente con la morte non è più “legittimato” a far valere un credito risarcitorio (con adesione alla tesi del tetraphàrmakon epicureo). Infatti, secondo il Supremo Collegio non può essere ammesso a risarcimento il danno tanatologico in quanto non si risarcirebbe la vittima, che del risarcimento non può più astrattamente giovarsi, ma si assicurerebbe un lucro agli eredi ed allo Stato quale ultimo e necessario successore.
Nello specifico, la Corte evidenzia che “Nel caso di morte cagionata da atto illecito, il danno che ne consegue è rappresentato dalla perdita del bene giuridico “vita” che costituisce bene autonomo, fruibile solo in natura da parte del titolare e insuscettibile di essere reintegrato per equivalente (Cass. n. 1633 del 2000; n. 7632 del 2003; n. 12253 del 2007). La morte, quindi, non rappresenta la massima offesa possibile del diverso bene “salute”, pregiudicato dalla lesione dalla quale sia derivata la morte, diverse essendo, ovviamente, le perdite di natura patrimoniale o non patrimoniale che dalla morte possono derivare ai congiunti della vittima, in quanto tali e non in quanto eredi …. E poichè una perdita, per rappresentare un danno risarcibile, è necessario che sia rapportata a un soggetto che sia legittimato a far valere il credito risarcitorio, nel caso di morte verificatasi immediatamente o dopo brevissimo tempo dalle lesioni personali, l’irrisarcibilità deriva (non dalla natura personalissima del diritto leso, come ritenuto da Cass. n. 6938 del 1998, poichè, come esattamente rilevato dalla sentenza n. 4991 del 1996, ciò di cui si discute è il credito risarcitorio, certamente trasmissibile, ma) dalla assenza di un soggetto al quale, nel momento in cui si verifica, sia collegabile la perdita stessa e nel cui patrimonio possa essere acquisito il relativo credito, ovvero dalla mancanza di utilità di uno spazio di vita brevissimo (Cass. n. 4991 del 1996)”.
“E’ questo l’argomento che la dottrina definisce “epicureo”, in quanto riecheggia le affermazioni di Epicuro contenute nella Lettera sulla felicità a Meneceo (“Quindi il più temibile dei mali, la morte, non è nulla per noi, perchè quando ci siamo noi non c’è la morte, quando c’è la morte non ci siamo più noi. La morte quindi è nulla, per i vivi come per i morti: perchè per i vivi essa non c’è ancora, mentre per quanto riguarda i morti, sono essi stessi a non esserci”) e che compare nella già indicata sentenza delle sezioni unite n. 3475 del 1925 ed è condiviso dalla sentenza della Corte costituzionale n. 372 del 1994, – che ha escluso la contrarietà a Costituzione dell’interpretazione degli articoli 2043 e 2059 c.c. secondo cui non sono risarcibili iure hereditatis i danni derivanti dalla violazione del diritto alla vita, potendo giustificarsi, sulla base del sistema della responsabilità civile, solo le perdite derivanti dalla violazione del diritto alla salute che si verificano a causa delle lesioni, nel periodo intercorrente tra le stesse e la morte – e dalla costante giurisprudenza successiva di questa Corte”.
Le Sezioni Unite, con un lento ed inesorabile ritorno al passato, inoltre, ribadiscono la risarcibilità del danno da lesione del bene vita in capo al defunto, con conseguente trasmissibilità mortis causa dell’obbligazione risarcitoria agli eredi, qualora la morte segua dopo un apprezzabile lasso di tempo (sebbene parte della giurisprudenza si riferisca ad un danno biologico terminale, mentre altra ad un danno catastrofale).
L’orientamento ribadito dalle Sezioni Unite nel 2015 nel caso di morte immediata o che segua entro brevissimo lasso di tempo alle lesioni è risalente nel tempo (Cass. sez. un. 22 dicembre 1925 n. 3475), ed è stato costantemente affermato (cfr. le cc.dd. sentenze gemelle di San Martino) e ribadito dalla giurisprudenza costituzionale (Corte Cost. n. 372 del 1994).

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